Il ramonestormentone
di Pablo Ramone
Nell'estate del 2004, Anna Rosa del sito www.gallerylady.it
ci ha segnalato un'intervista al pittore ed illustratore Pablo Echaurren, pubblicata
dall'artcommunity www.exibart.com.
L'intervista si chiude con un inno ai Ramones: Domanda: È vero che volevi diventare un bassista? In effetti molti
dei tuoi quadri danno la sensazione di vorticosi "giri di basso"...
Risposta: Lo facevo tanti anni fa, ma era una sega totale. E' l'unica cosa
che non ho più fatto. Ritrovarmi in un negozio di chitarre elettriche è il mio
sogno più ricorrente. Immerso in quell'odore magico di corde, del legno dei manici
e di vernici plastiche. Forse perché vivo con i Ramones sempre in sottofondo.
Li ascolterei all'infinito...
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Pablo Echaurren con la t-shirt di RAMONEStory.it (foto Siragusa) ----------------------------------------
| Poteva sembrare una semplice "sparata". Contattato per
chiedere lumi circa la sua dichiarazione, scopriamo che oltre a splendidi quadri,
bellissime illustrazioni e magnifiche ceramiche, Echaurren è veramente invaghito
dei Ramones come pochi di noi, tanto da rispondere così:
Io ascolto i Ramones 24 ore su 24 in loop, praticamente. Anche se c'ho
una certa età. Oramai. Per me sono al numero 1 e quando lo professo in pubblico
pensano che sia una provocazione, così tanto per dire. Ma non è. E' purissima
verità |
In effetti, l'artista non perde occasione per
professare pubblicamente la propria fede ai Ramones. E non solo con semplici interviste,
ma anche con fatti più concreti, che provano che non si tratta di semplici provocazioni,
ma di un vero e proprio credo. Pablo è da sempre tra gli organizzatori della manifestazione
"Arezzo Wave" (www.arezzowave.com);
a lui è affidata da anni l'immagine grafica del festival. Durante "Arezzo Wave"
dell'estate 2004, tra le iniziative organizzate per raccogliere fondi da destinare
al progetto di Emergency in Afganistan, Pablo ha pensato anche ad una mostra di
pittura dalle caratteristiche particolari. Immagina. Immagina che avresti fatto se la band o l'autore dei tuoi sogni
ti avesse chiesto di disegnargli una copertina, immagina come l'avresti realizzata
tu, la copertina del disco che più ami o che più hai amato Grazie anche alla collaborazione del giornalista Vincenzo Mollica,
si è così riusciti a coinvolgere una serie di artisti (alcuni pittori e altri
dal mondo della musica e dello spettacolo), che hanno accettato di ridipingere
la copertina dell'album che più hanno amato ed ascoltato nella propria vita. Citiamo
Andy dei Bluvertigo, Alessandro Benvenuti, Adriano Celentano, Barbara Nahmad,
Constantin, Davide Toffolo, Franco Matticchio, Giorgio Cavazzano, Jovanotti, Luca
Carboni, Milo Manara, Matteo Guarnaccia, Mauro Cicarè, Massimo Cavezzali, Paola
Turci, Roberto Coda Zabetta, Sarah Ledda, Staino ed ovviamente lo stesso ideatore.
E che copertina potrebbe mai aver realizzato Pablo? Naturalmente una
copertina dedicata ai Fast Four, che si è aggiudicato Mauro Valenti, patron di
"Arezzo Wave" (leggi questa notizia
se vuoi vedere la copertina reinterpretata del primo album dei Ramones).
Ma dei Ramones si parla anche nei libri di Pablo: nel giallo dal titolo "Delitto
d'autore" (Shake, Milano), ma anche ne "La casa del desiderio", uscito presso
Manni di Lecce e di cui riportiamo per gentile concessione dello stesso autore
un paio di brani dedicati al quartetto newyorkese: Ora che Joey, Dee Dee e Johnny - Ramone, per chi non l'avesse capito
- ci hanno lasciato per sempre, ora che le loro scariche adrenaliniche sono purissima
energia cosmica in grado di lobotomizzare l'universo, ora che ai loro jeans sderenati
si riconosce unanimemente la stessa forza espressiva di un sacco di Burri, ora
che un intero mondo che sembrava troppo ruvido per venire scalfito dalla vecchiaia
- figuriamoci dalla morte - è anch'esso sfiorito, raggrinzito, seppellito come
tutti i mondi che l'hanno preceduto, ora che tutto questo s'è puntualmente verificato,
ecco che ci troviamo sul promontorio ideale per avviare un'opera di ricomposizione
degli incerti lacerti che la risacca della memoria deposita sulla spiaggia.
Passeggiando sulla battigia, non è indolore riconoscere e raccattare uno a uno
gli ossicini seppiolini, i corpicini rinseccoliti, le vestigia spolpate dall'erosione
della rimozione generale con la quale il Grande Resettore cerca di insabbiare
quel poco che varrebbe la pena di salvare dalla dissipazione, dallo sperpero,
dalla polverizzazione, dall'incurabile cancro dell'entropico. Un occhio esercitato
può scorgere le flebili scie fosforescenti che si trascinano stancamente nel buio
dei fondali abissali in cui siamo piombati, riconoscere le creature spurie che
si affacciano guardinghe dalle screpolature del muro che pavidamente ogni giorno
innalziamo davanti al desiderio per non venirne abbacinati, folgorati, inceneriti,
per non essere costretti a seguirlo fino all'inferno o dove caspiterina vuole
condurci lui, magari dritto su in paradiso (omissis) PS. Tale fu la despressione, la demoralizzazione, la prostrazione mentale,
che quando nel 1980 i Ramones tennero il loro fulgido concerto a Roma, nei giardini
di Castel Sant'Angelo, io non ci andai, manco tirai fuori il naso dall'uscio,
disertai. Ne sentii in lontananza il martellare. In linea d'aria saranno
stati cinquecento metri massimo. Solo ora me lo sono potuto vedere, in dvd,
ora che tre su quattro sono lassù a infliggere un robusto elettroshock ai beati.
Dannati loro! Insomma, come afferma lo stesso artista, la sua scrittura è un ramonestormentone!
Pablo cura (anche!) la rubrica "L'Ozio - Happening" sul settimanale
"Carta". Nel 2005 sono stati pubblicati diversi interventi dedicati ai Fast Four,
che riportiamo di seguito. Nel numero del 21-27 aprile 2005 è stato
pubblicato l'articolo dal titolo "L'irresitibile insignificanza dei Veloci Quattro"
(sottotitolo: "Elogio sperticato di un gruppo sublime e infimo: i Ramones. Poesia
allo stato puro e musica che diventa energia. Eppure la cultura dominante li considera
mondezza"). Quando sento Marky stantuffare e picchiare come un maglio sulla batteria
e sul mio frattaglio con quel ritmo poderoso-cavernoso che pare uscito da un tamburo
in vera cotenna d'elefante, mi chiedo come sia stato possibile che l'intero universo
non abbia ancora tributato la propria eterna riconoscenza a loro, ai Ramones.
Per l'opera prestata e quella pestata. Con una mazza da baseball. Come è possibile
che non siano ancora considerati la massima espressione dell'arte contemporanea.
Sotto tutti i punti di vista. Musica, letteratura, pittura, cartoon, humor
noir, abbigliamento, pettinatura. L'umanità è davvero tanto scervellata,
ciecata, assordata dal nulla, da non riuscire a afferrare quale immane poesia
si sprigioni dalla stupidità dei Veloci Quattro? A parte, naturalmente, i
milioni e milioni di cretin-hop come me che hanno anche solo intimamente saltellato
e pogato al ritmo sfrenato introdotto dal one-two-three-four di quell'intronato
di Dee Dee. Eppure, voi raffinati intellettuali, avete avuto modo di apprezzare
il minimalismo beota di Aldo Palazzeschi, le imbecillità di Tristan Tzara e le
amenità gratuite di Francis Picabia. Dovreste essere vaccinati, informati che
l'idiozia è una forma superiore di conoscenza, una specie divina di trashendenza.
Dovreste conosce a menadito quali scenari si aprano di fronte a chi assume
programmaticamente la posizione del minus habens, del decerebrato, del microcefalo.
L'intera visione aurorale dell'innocenza primordiale, da Jean Jacques Rousseau
a Giovanni Pascoli a Jean Dubuffet, si dipana davanti ai suoi occhi come una pellicola
vergine non ancora impressionata da alcuna scuola di pensiero dominante. Energia
pura. Una radura incontaminata. Provata a auscultare anche un solo cd dei
Ramones. O l'intera discografia. Tanto i loro pezzi sono tutti uguali e tutti
bestiali, elementari quanto celestiali, composti da tre semplici accordi sublimi
per una manciata di secondi, capaci di imprimere il proprio marchio distintivo
alla percezione stessa dell'esistenza. Una volta che li avete sentiti siete fottuti,
non ve li togliete più di dosso. Si incistano sotto pelle, vi afferrano per le
palle e non vi mollano. Garantito. Dopodiché, il resto appare superfluo,
retaggio di un passato superato dagli eventi, tragicamente arretrato. Beatles,
Rolling Stones, Jimi Hendrix, impallidiscono, non gli stanno dietro, arrancano.
Belle statuine piene di talento, nessuno lo nega, ma leggermente spente. Lente.
Pensateci bene e vedrete che non c'è nessuno che possa vantare un immaginario
possente come i Fast Four, nessuno in grado anche solo di allacciargli le stringhe
degli scalcagnati e impregnati sneaker. I loro jeans sdrenati non hanno niente
da invidiare ai polimaterici di Bob Rauschenberg, così come il loro seal presidenziale
rettificato è molto più pop degli half dollar velati di Sua Trasparenza Franco
Angeli. Eppure... Eppure la cultura dominante non se li caca di pezza. Li
considera mondezza. Roba da mocciosi cenciosi, da pedicellosi che si rifiutano
di crescere. Non io. Io ne sono schiavo, ci sbavo sopra da mane a sera.
Per fortuna ora c'è un sito [www.ramonestory.it], curato da Paolo Camanzi e disegnato
da Marcello Ciarrocca, che rimette le cose al loro posto. Si tratta di un sito
tosto che andrebbe frequentato devotamente, diligentemente, diuturnamente. Io
lo faccio Nel numero del 12-18 maggio 2005 è stato pubblicato l'articolo dal
titolo "Todos somos Ramones [almeno un po']" (sottotitolo: "C'è un Ramon, due
Ramones: tutti possono essere Ramones se pensano che l'arte sia una comunità di
contiguità. Dagli antenati di Luther Blissett un'ispirazione di comunicazione").
Continuo le mie considerazioni sull'arte d'avanguardia partendo da quella
che mi sembra la vetta più alta raggiunta finora: i Ramones. E lo dico senza ombra
di ironia alcuna. Sfido chiunque a smentirmi. Le implicazioni che dal loro operato
derivano sono infinite come le vie del signore. Signore Ramones, ovviamente. Cominciamo
da una. L'arte contemporanea non è più incasellabile, cesellabile, è sfuggita
alle definizioni a tavolino, ha rotto gli argini, ha decotto i margini. E' uscita
dal salotto e se ne è scesa in strada a prendere a calci la Nike di Samostracia,
la Venus di Milo, la Psiche di Narciso. Futurismo, dadaismo, surrealismo,
hanno sancito la morte dell'Artista Professionista & Specialista e hanno definitivamente
aperto le porte alla sperimentazione allargata, alla rivoluzione della percezione,
alla rivelazione secondo cui oggigiorno ognuno ha diritto di poetare, pittare,
incasinare quanto gli pare senza passare gli esami. Senza transitare per un'accademia.
Senza particolari viatici. Privilegiando concetto rispetto al manufatto. Imponendo
l'immateriale, l'individuale che si scioglie nel progetto generale. Ma, alla
fin fine, l'Inevitabile Mercificazione ha svolto il suo sporco lavoro di selezione
lasciando fuori gli indesiderabili, tutto il coacervo ircocervo di dilettanti,
di gitanti, di semplici turisti e banali turnisti dell'antimuseo. Questo
ha creato qualche sgomento, qualche piccolo fraintendimento, qualche sbarellamento.
C'è chi ha gridato al tradimento. Ma ormani la frittata era fatta. Le Collezioni
Private, i Mausolei in coma, i Moma, si sono riempiti di opere nate come dissacrazione
dell'icona, come effrazione dei codici, come negazione assoluta, riconvertite
in feticci da super speculazione. Opere che, uscite dalla finestra per decisione
autonoma, rientravano dal portone principale in pompa magna. Come capolavori.
Poi sopraggiunsero le neoavanguardie. Hai voglia a parlare di Fluxus, di
Sezione Caraibica dell'Internazionale Situazionista, di Sub Comandante Marcos,
di Plagiarismo, di Neoismo, di guerriglia mediatica, di Monty Cantsin, di Luther
Blissett. Esatto, Luther Blissett, il personaggio-metodologia, la singolarità
multipla, il nome collettivo che chiunque fino al 2000 era libero di adottare
senza chiedere il permesso a chicchessia. Hai voglia. Prima di lui, Luther
& chompagneria bella c'erano però loro: i Ramones. I Finti Fratellini. C'erano
loro con un'identità partecipata, dilagata, condivisa. Abilmente sabotata. Infatti,
dovete sapere che chiunque venisse cooptato veniva ribattezzato come señor Ramone.
Secondo una logica di scombussolamento della carta d'identità, del passaporto
e della deprecabile abitudine a coltivare il proprio orto personale. Creare
confusione tra gli Ii, annullare l'ego è un metodo efficace per spernacchiare
chi è incline all'autocompiacimento, per stoppare chi coltiva il culto della personalità,
per impedire ai profittatori di innalzare il piedistallo e valorizzare l'Apollo
di giornata. E' una implicita incitazione a tirargli il collo, all'Apollo.
Tu, voi, io, todos somos Ramones. Basta volerlo. Basta sentirlo. Essere icona
aperta, mescolarsi, entrare e uscire a piacimento, in incognito da uno stesso
abito. Fondare una comunità di continuità, di contiguità, di complicità.
Tattarattatà Nel numero 3 di "Carta Etc" dell'ottobre 2005 è stato pubblicato
uno speciale a cura di Pablo "Ramone" Echaurren dal titolo "Anche tu sei un Ramone"
(sottotitolo: «Questo è un do. Questo è un fa. Questo è un sol. Adesso forma la
tua band», con queste parole la fanzine «Sniffin' Glue» [1977] lanciava il manifesto
del punk. Che annullava la differenza tra il musicista e il suo pubblico e inventava,
letteralmente, la pratica dell'autoproduzione musicale. Con quei tre accordi,
fin dal 1974, i Ramones hanno salvato il rock 'n' roll dalla sicura morte per
noia. Chi sono i Ramones, «famiglia felice» che ci salvò dal kitsch"). Le note
pubblicate sono tratte da un volume di prossima uscita
[Chiamatemi Pablo Ramone, marzo 2006] presso le edizioni Fernandel di Ravenna. To Pablo. Così, laconicamente, lapidariamente - ma forse dovrei dire
familiarmente (We're a happy family) - c'è iscritto col pennarello indelebile
color argento sulla foto che Marky mi ha graziosamente fatto pervenire per intercessione
di Paolo Kamanzy (patron di www.ramonestory.it) che ha perorato la mia causa in
alto loco. Marky se ne sta lì gagliardo & tosto, con l'immarcescibile giubbotto
di cuoio, la biella dell'avambraccio sinistro appoggiata al rullante, nella destra
le inseparabili bacchette Vic Firth American Classic 3° - selezione «Marky
Ramone»: un nome una certezza, una garanzia di robustezza, di resistenza
all'impatto con la pelle elefantesca di cui s'è detto e coi piatti. Marky,
proprio isso, il polso più veloce della galassia, mi guarda dritto negli occhi,
virile, fiero, consapevole di essere l'Ultimo, il Condottiero di un gruppo ormai
estintosi, senza più elementi viventi se non lui medesimo. Testimonianza
di un'era che fu. Un'era gloriosa che si stava dibattendo nelle pastoie del sopore
più deteriore, divincolando nelle spire di Morfeo Babbeo. Che, se non fossero
intervenuti Loro a darci una sbiossa, a quest'ora saremmo tutti a ninna, allettati,
abbioccati, in stato leggermente letargico. Loro, mica i Sex Pistols o gli U2
o Bruce "il Boss". Suvvia, dovete arrendervi all'evidenza. Anche se vi fa
male. Bisogna guardare in faccia la realtà. Senza i Ramones saremmo tutti sotto
l'effetto narcotizzante di un'industria discografica avvoltolata su se stessa,
a corto di materia grigia, interessata solo a assecondare e compiacere un gusto
frusto, kitsch, burino. Lustrino. Dico che sostanzialmente nella storia del
rock ci sono stati due soli grandi eventi, due soli snodi davvero sodi: i Beatles
e i Ramones. A parte Chuck Berry, ben inteso, e Clem Sacco, l'urlatore desmentegato
di O mamma voglio l'uovo alla coque e Baciami la vena varicosa sul
quale andrebbe aperto un altro file tutto suo. Sfrondando restano i Beatles
per gli anni Sessanta e i Ram per i Settanta. Il resto sono chiacchere, vaniloqui,
sproloqui. Appendici, rivoli, affluenti, importanti quanto vi pare, ma ininfluenti
ai fini di stabilire un ante e un post. Invece c'è chi continua imperterrito
a negare, a remare contro, a tramare. A ficcare la testa sotto la rabbia. Per
stupidità, ignoranza e invidia messe assieme. Tipo che mi è capitato tra le mani
un certo ex settimanale musicale a altissima tiratura di cui ometto il nome per
carità cristiana che, nel confezionare un numero speciale per i 50 anni del rock,
manco Li nomina. Non un rigo, non un frego, non un cenno. Un comportamento privo
di senno se non ci si vuole scorgere della malizia. Roba da chiodi! Da codice
penale, da denuncia all'ordine, da radiazione dall'albo professionale. E invece
nisba. E' vero che quel giornale l'hanno poi chiuso, ma per un'altra ragione.
Ma forse abbiamo un po' divagato, scantonato, e ci siamo persi nella polemica
per la polemica. E' meglio che facciamo un passo indrio e torniamo a bomba: alla
foto in questione. In verità non posso dire con assoluta certezza che Marky mi
guarda davvero - con quegli occhiali neri da menagramo patentato che monta di
serie - non posso saperlo. Magari se la ronfa di grosso, smaltisce la sbornia
della notte prima, schiaccia un meritato pisolino: il famoso riposo del soldato.
Del pioniere che ha valicato confini, ha scavalcato frontiere, ha caracollato
in compagnia dei Padri Pellegrini per raggiungere la Terra Promessa. Pardon, dei
Fratellini Pellegrini. Comunque Egli sa che io, con milioni & milioni di
altri fan, ce lo stiamo rimirando nello stessissimo momento. Che di quella foto
ne devono essere state tirate vagonate. Tutte analogamente autografate e dedicate
ad personam ignotam. In ogni caso il cimelio cemeterio l'ho debitamente incorniciato
e devotamente trasformato in santino, in altarino, in ex-voto. In reliquia deliquia.
E che c'è di strano? Marinetti prima di coricarsi si inginocchiava davanti
al comodino a pregare la fida lampadina elettrica in cui diceva che albergava
e si agitava furiosa la divinità della nuova religione della velocità. E io non
sono certo da meno. Ogni volta che ci passo davanti, all'immaginetta cretinetta,
anche se gli butto là una semplice occhiata, una guatata sbadata, ne ricavo un
sensibile giovamento. Un mutamento dell'umore, come di dolce riappacificazione
col mio maledetto conflitto interiore e isteriore. Mi molce er core, mi smuove
l'hard core. Smorza il bollore dell'inquieto vivere con cui non riesco a far quadrare
i conti. Insomma, ne traggo un benefico influsso, un deflusso della bile,
un salasso dei miasmi che soffocano l'animaccia de li mortacci mia. Meglio assai
di una ciucca di acqua benedetta di Lourdes, dell'imposizione d'una medaglietta
di Loreto, della reliquia relitta di Santa Rita d'Ambascia. La santa delle Grazie
Impossibili. Va da sè che affermare di avere in Pablo Echaurren un semplice cultore
dei Fast Four tra i personaggi famosi sarebbe riduttivo: l'artista si muove con
vera opera di proselitismo ramonesiano di alto loco e per questo abbiamo voluto
dedicargli una pagina personale. Per ulteriori informazioni: www.pabloechaurren.com
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